Smartphone, vent’anni in uno scatto: come si sono evolute le fotocamere

In due decenni si è passati da frazioni di megapixel alla possibilità di girare documentari. Dagli obiettivi singoli a set evoluti, supportati da software e algoritmi. Verso un futuro “invisibile”

C’è stato un tempo, non molto lontano, in cui i display erano di pochi pollici e i telefonini (non ancora smartphone) non avevano fotocamere. I dispositivi che le hanno portate al grande pubblico sono arrivati solo nel 2000. L’obiettivo era uno, collocato sulla parte posteriore del telefono. Per fare un autoscatto era necessario ruotarlo sperando di avere buona mira. La risoluzione, confrontata con quelle di oggi, fa quasi tenerezza: non si avvicinava neppure a un megapixel. Niente camera frontale: “selfie” non era ancora la parola dell’anno (lo sarebbe diventata nel 2013, incoronata da Oxford Dictionaries). Da allora è cambiato tutto: design, abitudini, componenti. Quel dispositivo che una ventina d’anni fa era adatto, a malapena, per creare una (pessima) fototessera, adesso consente di girare interi documentari, come “Uncover Antarctica”, realizzato dalla fotografa slovacca Michaela Skovranova utilizzando esclusivamente il Find X2 Pro, smartphone di punta di OPPO. Un viaggio che racconta non solo il continente di ghiaccio ma anche l’evoluzione della tecnologia mobile.


Lo scatto in avanti

I megapixel a disposizione hanno avuto un incremento vertiginoso nel giro di pochi anni. E le prestazioni sono migliorate (è proprio il caso di dirlo) a vista d’occhio. Le fotocamere, trovando spazio su dispositivi sempre più ampi, si sono moltiplicate. A meno di due decenni dall’epoca delle frazioni di megapixel, OPPO Find X2 Pro è dotato di una fotocamera tripla, con un obiettivo primario da 48 megapixel e apertura f/1.7. È affiancato da un ultra grandangolare da 48 megapixel e da un teleobiettivo da 13 megapixel, con il supporto di uno zoom ibrido 10X. Proprio come un fotografo cambia gli obiettivi di una reflex in base alla distanze, all’ampiezza e all’effetto che intende dare allo scatto, così l’utente sceglie lo strumento giusto. A differenza di un fotografo, però, non deve cambiare attrezzatura: la tecnologia di fusione multi-focus delle immagini e un algoritmo di alta risoluzione garantiscono la coerenza del colore e del bilanciamento del bianco quando si passa da una fotocamere all’altra, rendendo il processo fluido, partendo da una distanza di 3 centimetri fino a uno zoom massimo di 60X.


L’immagine è (anche) questione di software

La qualità del comparto fotografico non dipende più dalle sole componenti visibili ma anche dalla tecnologia custodita sotto la scocca: sensori e software sono sempre più importanti per migliorare le prestazioni. Il Find X2 Pro permette di coprire tutte le lunghezze focali (teleobiettivo compreso) in notturna con la modalità Ultra Night. L’autofocus All Pixel consente di usare ogni frammento dell’immagine come punto di messa a fuoco. La tecnologia Ultra Steady Video, grazie a un nuovo algoritmo di stabilizzazione, garantisce filmati senza oscillazioni, anche con un angolo di 120 gradi per dare più ampiezza alle riprese. La modalità Video HDR Live registra in diretta con una gamma di colori più profonda. L’esposizione si adatta e i colori vengono calibrati in tempo reale, così da rendere più chiari i punti luce e le ombre nelle scene retroilluminate e offrire un effetto più strutturato.


Dalla fotocamera rotante a quella invisibile

Lo smartphone, nato per telefonare e diventato dispositivo per fotografare e filmare, con il tempo ha riservato sempre più attenzione al volto dell’utente. Le fotocamere frontali, comparse già dai primi anni 2000, hanno accelerato la propria evoluzione con l’inizio del nuovo decennio. Tra le società a capire in fretta le potenzialità dei selfie c’è proprio OPPO. Il brand è stato il primo a integrare fotocamere frontali da 5 e poi da 16 megapixel, con risoluzioni fino ad allora riservate agli obiettivi posteriori. L’attenzione dedicata al set che guarda l’utente è confermata nel 2013, quando il marchio è il primo a lanciare una fotocamera rotante, con la serie N. Nella prima versione il movimento è manuale, poi diventa meccanico. In entrambi i casi, lo stesso obiettivo usato per catturare il mondo si ribalta per ritrarre se stessi. Dietro questa tecnologia c’è un’idea: fronte e retro devono avere pari dignità fotografica. Da allora, l’evoluzione del comparto è andata di pari passo con la rivoluzione del design. I display sempre più ampi hanno richiesto bordi ridotti per contenere le dimensioni complessive dei dispositivi. E le fotocamere hanno dovuto trovare nuovi spazi. Sono state così ospitate da “notch” (le “tacche” di diversa forma che incorporano i sensori) o incastonate in un foro. Oppure sono diventate a scomparsa, emergendo dallo smartphone all’occorrenza, come un mini-periscopio. Sono passati sette anni dalla prima fotocamera rotante, ma l’idea della pari dignità tra il set frontale e quello posteriore continua a essere parte di OPPO. Il Find X2 Pro guarda l’utente con una fotocamera da 32 megapixel. E la ricerca non si ferma. Il gruppo sta lavorando a una camera presente sotto la superficie del display, capace di farsi spazio tra i pixel: niente fori, niente notch, nessun elemento che interrompa la continuità dello schermo. Il futuro della fotocamera frontale è invisibile.


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